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Torino 1974, sulla scia delle contestazioni del ’68 il sistema psichiatrico italiano viene messo in discussione da un processo che fa la storia. Per la prima volta le testimonianze dei “matti” vengono ascoltate per giudicare l’operato del dottor Giorgio Coda, tristemente noto col soprannome di “elettricista” per la sua abitudine a trattare i pazienti psichiatrici con l’elettroshock. Ma i suoi pazienti a Villa Azzurra non sono come tutti gli altri, sono bambini, che lui e gli infermieri dell’ospedale chiamano “Arnesi”. Arnesi in dialetto piemontese è una parola che viene usata per indicare un ribelle, una persona difficile da gestire. E così i bambini rinchiusi in Villa Azzurra vengono chiamati “arnesi”, e i loro nomi dimenticati e sostituiti da numeri. Le torture a cui venivano sottoposti terminarono solo nel luglio del 1970 quando, grazie ad un’inchiesta giornalistica del settimanale L’Espresso, l’Italia intera venne a conoscenza dell’orrore dei manicomi e Giorgio Coda fu condannato a una pena mai scontata.

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ARNESI

DI Elisabetta Rasicci, Pasquale Formicola e Roberta Lippi

Torino 1974, sulla scia delle contestazioni del ’68 il sistema psichiatrico italiano viene messo in discussione da un processo che fa la storia. Per la prima volta le testimonianze dei “matti” vengono ascoltate per giudicare l’operato del dottor Giorgio Coda, tristemente noto col soprannome di “elettricista” per la sua abitudine a trattare i pazienti psichiatrici con l’elettroshock. Ma i suoi pazienti a Villa Azzurra non sono come tutti gli altri, sono bambini, che lui e gli infermieri dell’ospedale chiamano “Arnesi”. Arnesi in dialetto piemontese è una parola che viene usata per indicare un ribelle, una persona difficile da gestire. E così i bambini rinchiusi in Villa Azzurra vengono chiamati “arnesi”, e i loro nomi dimenticati e sostituiti da numeri. Le torture a cui venivano sottoposti terminarono solo nel luglio del 1970 quando, grazie ad un’inchiesta giornalistica del settimanale L’Espresso, l’Italia intera venne a conoscenza dell’orrore dei manicomi e Giorgio Coda fu condannato a una pena mai scontata.

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