INFO EPISODIO
Ep. 26 | Chiara Lubich
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Di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri.
Questo episodio è realizzato in collaborazione con buddybank powered by UniCredit.
La Morgana di questo mese, cresciuta sotto una pioggia di bombe e pregiudizi, ha fondato una città – Loppiano – ma questa non è nemmeno la cosa più rivoluzionaria che ha fatto. Perché Chiara Lubich si è divertita a cambiare il mondo, gettando le basi di un nuovo modello dello stare insieme, cambiando nel frattempo anche la Chiesa. Lo ha fatto con i Focolari, giocando la sua partita più importante e innovativa anche in campo economico. Di economia di condivisione, e di molto altro, parliamo con chi di finanza ne sa moltissimo: Guido Maria Brera.
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MORGANA
SONO IO L’UOMO RICCO, STORIE DI DONNE CHE NON HANNO AVUTO BISOGNO DI SPOSARE UN UOMO CON I SOLDI
di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri
Realizzato in collaborazione con buddybank powered by UniCredit.
Sono io l’uomo ricco, storie di donne che non hanno avuto bisogno di sposare un uomo con i soldi. Donne fuori dagli schemi, controcorrente, strane, pericolose, esagerate, stronze, a modo loro tutte diverse e difficili da collocare. Donne che con le proprie vite e il proprio lavoro hanno contribuito o contribuiscono a colmare il gender gap proprio partendo dalla possibilità e capacità di gestire in autonomia il proprio denaro.
Illustrazione di MP5
patrizia spiniello
Posted at 15:48h, 17 Agostograzie
CRIPPA ANTONELLA
Posted at 15:57h, 18 AgostoBravissima Morgana , non è da poco proporre Chiara Libich con una chiave moderna , soprattutto nello stile , mantenendo un taglio di contestualizzazione storica spettacolare.
Brava
Centro Chiara Lubich.
Posted at 12:04h, 28 AgostoDa: “Centro Chiara Lubich”
Ringraziamento a Michela Murgia
Data: 28 agosto 2020 11:34:56 CEST
A: Michela Murgia
“Grazie della bella trasmissione su Chiara Lubich. Risponde pienamente anche al nostro impegno, come intitolato a lei, di far conoscere la sua persona e il suo messaggio con un linguaggio comprensibile a tutti, efficace e al passo con i tempi”
Alba Sgariglia e Joao Manoel Motta – Centro Chiara Lubich
Silvia Cesaroni
Posted at 14:19h, 01 AprileBellissimo racconto, grazie. Non conoscevo la storia di Chiara Lubich e sapevo molto poco dei focolarini,
Dissento, invece, dal pretesto approfondimento economico finale, un pò abbandonando al mondo della NON cultura, del capitalismo, del vile denaro e della sofferenza. È possibile partire dall’economia sociale di mercato della Repubblica di Weimar e del New Deal Roosveltiano, volare sul comunalismo di Bookchin, soffermarsi sull’articolo 42 della Costituzione, atterrare sul principio di sussidiarietà, il pilastro su cui è costruita l’Unione Europea (art. 117 Costituzione). Non da ultimo, si può arrivare solo alla fine alle imprese profit e raccontare qualcosa del tema della responsabilità sociale d’impresa e dello sviluppo sostenibile.
Senza parlare del del Terzo Settore, di cui se ne sono occupati e se ne occupano da anni nomi illustri in Italia, uno fra tutti Stefano Zamagni. Alla Cattolica di Milano è stato istituito recentemente un Master di primo grado in social entrepreneurship.
E per dare fastidio fino in fondo, si può parlare del fatto che il vile denaro posseduto dalla Chiesa Cattolica (Dottrina sociale) è profuso ed è l’ingranaggio principale in Italia che tiene in piedi il grosso delle realtà non profit, pilotandone anche i contenuti. O del fatto che i grandi filantropi americani hanno solo trovato lo strumento giuridico della Fondazione per non pagare le tasse o pagarne meno.
MI auguro di poter sollecitare su questi temi un vero approfondimento!
Franz Mauer
Posted at 11:50h, 14 OttobreSono stato interno nel movimento dei focolari per quasi 20 anni, prima nelle file giovanili poi nella vita in focolare. Ho lasciato poco prima della consacrazione, per salvare la salute e perché non mi riconoscevo più nelle sue forme e nelle sue strutture. Da interno posso quindi raccontare di tanti aspetti che, ahimè, si ignorano. Mi piacerebbe davvero che una seria indagine giornalistica ripulisca Chiara da tutta una serie di narrazioni che le fanno torto e metta in luce anche le ombre, i problemi, le manie, l’ingenuità e la sua vanità.
Non tutto quello che ha fatto Chiara è andato in porto, anzi. Ad iniziare dall’istituzione del “focolare” che dopo nemmeno 70 anni è in crisi nera ed è destinato all’estinzione. Il movimento poi si avvicina troppo per forme e strutture ad una setta. Soprattutto il linguaggio da iniziati è uno degli ostacoli più ardui. Chiara certamente ha contribuito a modernizzare la prassi evangelica, ma col tempo questa carica rivoluzionaria si è consumata ed è stata soffocata proprio da questo linguaggio iniziatico e alla sostanza si è sostituita la forma, le frasi fatte, vuote, trite e ritrite. Basta guardare qualche video su youtube, dove ora abbondano, per capire di cosa parlo. È questo uno dei motivi per cui anche la causa di beatificazione stenta ad andare avanti.
Chiara è stata malata tutta la sua vita di nevrosi con ripetute depressioni, che nella narrazione ufficiale vengono chiamate notti. Chiara a mio avviso era bipolare e l’unico che riusciva a darle un certo equilibrio è stato il suo medico personale, un focolarino sposato: Cosimo Cal , padre della regista Annamaria. Una volta morto Cosimo, Chiara si è affidata alle cure di una delle sue prime compagne, che ha eliminato tutti i farmaci prescritti da Cosimo per una più sana omeopatia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, visto che Chiara è riprecipitata nelle sue depressioni sino a morirne.
Pur avendo inventato il focolare, Chiara non ha mai vissuto una vera esperienza di focolare, per il semplice fatto che le sue compagne se l’è scelte lei. Non è un dettaglio da poco. E poi perché nella sua reggia a Rocca praticamente viveva da sola, fatta eccezione della sua segretaria Eli. Ma chiunque sia stato a casa sua si sarà reso conto che tutto l’appartamento era per Chiara, servita e riverita che nemmeno la regina Elisabetta. Con uno stuolo di schiave focolarine, divise per mansioni: una squadra in cucina, una di segretarie, una per le pulizie, una al guardaroba, ecc… Chiara non sa quindi cosa significhi vivere con gente che non ti sei scelta. Il focolare come istituzione, proprio per questo, è un progetto fallito. Non funziona proprio la convivenza forzata fra persone che non si sono scelte. È inutile girarci attorno. Ci possono essere casi fortunati, ma in generale non funziona e questa convivenza è fonte di nevrosi, disagi e la tendenza ognuno a coltivarsi il suo orticello, con le scuse più varie. Certo, ci saranno sempre quei due o tre che ci credono davvero. Ma la storia, l’evolversi del movimento, la depressione di Chiara, hanno rovinato l’intuizione iniziale, e il risultato è sotto gli occhi di tutti: oggi la vera domanda nei focolari è “chi spingerà la carrozzina a chi?”. Per il resto è sparita la mistica, la carica evangelica, lo sprint e quell’entusiasmo che riempiva gli stadi.
Il movimento ha iniziato a morire nello stesso istante in cui Chiara ha pronunciato la frase “i più poveri non sono i poveri materiali, ma quelli che non hanno dio”. Condannando così il movimento a diventare ricco, borghese, dimenticandosi dei poveri, degli ultimi, in definitiva del vero motivo per cui era nato: ossia rispondere al grido di Gesù in croce. È davvero troppo semplice professare “dio amore” per chi come i focolarini ha un tetto sulla testa, vacanze pagate, una vecchiaia assicurata e tre pasti caldi al giorno. Troppo facile. Un tale messaggio non è coerente, non ha forza ed è pure ridicolo, quando non irriverente, soprattutto oggi. La conferma viene poi dai numeri mica dalle mie opinioni. Loppiano, è una città fantasma, almeno in confronto a come era 20 anni fa. L’età media si è alzata troppo, i giovani stanno sparendo e il movimento è gerontoiatrico, governato da anziani che come tali hanno paura di tutto quello che è nuovo. Ma questa è una colpa di Chiara, che si è sempre voluta circondare di gente che la adulava e che la proteggeva da qualsiasi vento contrario. La mia generazione è stata decimata: siamo entrati in focolare per averci creduto davvero, come logica conseguenza di una gioventù vissuta con ardore e entusiasmo. Ma per noi, per le nostre idee, per il nostro contributo non c’era posto. Chiara ha condannato il movimento a guardarsi allo specchio e provare a rifondare sempre i famosi “primi tempi”. Chiara ha avuto paura del suo stesso Carisma che lei una volta definì (io ero presente quando lo disse) “grappolo di carismi”. Ha avuto paura di questa molteplicità e ha scelto consciamente oppure no, la strada più facile dell‘uniformità.
Giulia Paola Di Nicola
Posted at 12:08h, 12 AgostoCredo che oggi ormai a conti fatti dovremmo valutare se e come salvare e custodire il meglio del carisma di Chiara. Nonostante i limiti come non tenere conto, per esempio, della Novità di aver centrato tutto sull’amore, di una donna fondatrice e tenace nel difendere il suo carisma, della tant’è idee innovativa tra le quali annovero i Genfest che oggi, dimenticando l’origine, si chiamano giornate della gioventù e papà boys? Ci sono stati ammiratori del carisma che hanno saputo difendersi dalle derive e che hanno pagato la loro chiara e onesta visione delle cose.