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Belgrado, inizio anni ‘70: una ragazza con una lunga treccia di capelli neri si muove nei circuiti underground della città, dove le sue performance sono già leggendarie, mette a durissima prova il corpo e l’anima, si sottopone per ore a ogni genere di agonia, si tagliuzza, si brucia, spinge il pubblico a ferirla, umiliarla, spinge soprattutto la propria resistenza oltre ogni limite fisico o psicologico. È piena di cicatrici e ferite. Poi, quando scende dal palco, corre a casa, perché alle dieci di sera scatta il coprifuoco e, se non arriva in tempo, la madre la picchia fino a farla sanguinare, che in confronto le sue performance sembrano una barzelletta.